la cura dell'infanzia e la "pedagogia povera"
Agli inizi del XIX secolo si cominciò ad avere un maggiore
interesse per l'infanzia dettato da diverse motivazioni.
Attraverso intellettuali come Rousseau, Pestalozzi e Johann
Paul Friedrich Richter si affermarono alcuni motivi tipici del romanticismo
come l’dea che l’infanzia fosse un periodo di crescita che dovesse essere
trascorso in una dimensione affettiva e da correggere amorevolmente.
Inoltre nelle aree più industrializzate comparve un nuovo fenomeno,
cioè l’entrata nel mondo del lavoro da parte delle donne, questo le costringeva
però a lasciare i figli o sotto la supervisione dei fratelli maggiori, o di
donne più anziane o erano abbandonati a sé stessi.
Proprio a causa di questi fenomeni in tutta Europa nacquero
molte iniziative educative e esistenziali per l’infanzia (cioè per i bambini dai
due hai sei anni) che era vista come un’età da proteggere mediante la moltiplicazione
delle scuole infantili. Altre iniziative cominciarono a occuparsi anche della così
detta “gioventù povera e abbandonata” costituita da ragazzi non scolarizzati o
in un’età successiva alla scolarizzazione elementare ma non alfabetizzati,
senza lavoro e a volte anche senza famiglia.
Le prime scuole infantili
Nel 1816 il filantropo e industriale Robert Owen apri una piccola classe nella sua fabbrica in Scozia. Lì venivano insegnati i rudimenti del sapere come la storia naturale, la geografia, marce danze e canti. Il suo modello fu poi esportato a Londra.
Le scuole erano fornite di cortili per i giochi e gli esercizi
fisici, ai più piccoli veniva insegnato l’alfabeto sotto forma di gioco mentre
ai più grandi si davano lezioni di calcolo e scrittura.
Anche in Italia, nei primi anni venti sorsero alcune iniziative
a favore dell’infanzia povera.
Ferrante Aporti
Il principale esponente di questo fenomeno in Italia fu Ferrante Aporti, il quale ripose molta fiducia nella formazione precoce dei
bambini piccoli. Secondo lui le maggiori difficoltà incontrate nelle classi
elementari erano provocate dalla mancanza di una preparazione prescolastica e
dalle cattive abitudini acquisite in famiglia o nelle “sale di custodia”.
Aporti dava inoltre una grande importanza all’insegnamento religioso, poiché posto alla base dell’educazione morale, alla valorizzazione del forte spirito imitativo dei bambini ai quali dovevano essere dati solo esempi virtuosi, ai contenuti dell’apprendimento e all’esercizio fisico sotto forma di gioco.
Friedrich Frobel e i giardini dell’infanzia
la pedagogia di Aporti era comunque troppo legata ad una
cutura ottocentesca metre Frobel cominciò a presentare diversi tratti moderni
all’interno della sua teoria, infatti il bambino non era più solo da custoridre
e alfabetizzare ma gli viene riconosciuto anche il diritto al gioco ed ad
apprendere attraverso di esso.
Dopo un periodo trascorso a fianco di Pestallozzi come
assistente nel 1817 Frobel apri la sua prima scuola a Keilhau e nel 1840 dette
al suo istituto il nome di Kindergarden.
Il gioco fu concepito da Fröbel come il baricentro
dell'educazione infantile e sviluppò l'idea dei "doni", ossia di
giocatori che avevano il simbolo di far intuire al bambino le leggi del mondo.
I doni avevano inoltre una logica sequenziale:
- palla elastica associata a poesie o canti: padroneggiando con la palla il bambino familiarizzava con il proprio corpo;
- . sfera, cubo e cilindro di legno: dimostrava al bambino l'armonia che governa ciò che appare contrario;
- . cubo diviso in otto piccoli cubi;
- . un cubo distribuito in tavolette di spessore e lunghezze diverse
Gli ultimi due doni avevano il compito di fare "vedere
dentro" al bambino e di manipolare oggetti grandi e piccoli.
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