Psicologia "influenza sociale, la banalità del male, e il comportamento malvagio"

L'influenza sociale

Lo psicologo statunitense Solomon Eliot Ash ha deciso di indagare sul fenomeno dell'influenza sociale, cioè quell'influenza che la società o semplicemente un gruppo esercita sul singolo individuo, anche i fenomeni del conformismo e della sottomissione all'autorità sono stati al centro delle sue ricerche.

Il suo intento era quello di studiare come il conformismo e il consenso sociale potessero fossero dettati da fattori razionali. Per arrivare alla soluzione portò a compimento diversi esperimenti. 

Questi erano comporti da un gruppo di 8 studenti che partecipavano a una ricerca sulla percezione. Sette di loro erano d'accordo con lo psicologo mentre l'ottavo era il soggetto sperimentale. I partecipanti venivano posti davanti a un quesito di tipo sensoriale e dovevano dare la loro opinione davanti a tutti ad alta voce. I collaboratori dovevano, all'inizio dare la risposta esatta mentre nei turni successivi dovevano dare una risposta errata ma con convinzione. Il soggetto sperimentale, a questo punto poteva o dare la risposta che secondo lui era giusta o adeguarsi al gruppo. 

I risultati portati alla luce da Ash hanno mostrato che un terzo delle risposte fornite dai soggetti sperimentali corrispondeva alle valutazioni della maggioranza. 

La spiegazione data dai soggetti alla fine della prova fù quella di attribuire il loro comportamento alla paura di sbagliare, di non vedere bene, oppure al timore di apparire ridicoli. 

Lo studio, pubblicato tra il 1951 e il 1956 ha portato alla luce il conflitto che il soggetto vive tra l'evidenza percettiva e il consenso della maggioranza. 

Ci sono diversi fattori che incidono sul grado di conformità del gruppo:

  • la dimensione del gruppo
  • l'interazione futura: se il soggetto pensa che le interazioni con il gruppo potrebbero intensificarsi in futuro si adeguerà di più rispetto se pensa che le iterazioni con quel gruppo si esauriranno dopo quell'occasione 
  • l'ambiguità dello stimolo 
  • l'attrazione verso il gruppo: se il soggetto desidera o meno fare parte del gruppo

La conclusione è che il conformismo alle opinioni è dettato dall'influenza dell'informazione (conformismo informazionale)  e delle norme (conformismo normativo); nel primo caso il soggetto si adegua al gruppo per sentirsi sicuro nell'affrontare una situazione per la quale è in dubbio e così facendo acquista sicurezza, nel secondo caso si adegua al gruppo per offrire agli un'immagine positiva di sé e non essere escludo dal gruppo. 
I fattori che influiscono in queste situazioni sono per esempio il rinforzo (Se le risposte sbagliate vengono premiate, il soggetto sarà più portato a sceglierle) e lo status sociale.
Nel caso dello Status sociale, i soggetti di uno status sociale medio sono più portati ad uniformarsi per paura di essere esclusi dal gruppo, gli individui con uno status sociale più basso, non avendo nulla da perdere hanno meno la tendenza ad uniformarsi, come le persone appartenenti ad uno status sociale alto sono consapevoli di poter esprimere opinioni diverse rispetto alla massa. 
Anche l'autostima e l'autoefficacia dell'individuo può essere legata alla tendenza all'uniformazione al gruppo. 

Il battaglio 101

Il battaglione 101 comandato dal maggiore Wilhelm Trapp, nazista della prima ora mai divenuto membro delle SS o importante comandante militare; una persona nella media, senza alcun desiderio di carriera o eccessivo disprezzo verso gli ebrei, fu uno dei primi. Proveniente quasi tutti da Amburgo e zone limitrofe, a parte un gruppo di lussemburghesi, la truppa del battaglione 101 era principalmente formata da persone delle classi basse, specialmente operai o semplici impiegati, che si erano iscritte al partito solo nel momento in cui erano state costrette a prendere servizio nella Ordnungspolizei. Erano insomma persone poco promettenti e preparate per il compito di sterminio che di lì a poco si sarebbero trovati a svolgere. Nel 1942 il battaglione fu scelto per compiere la soluzione finale in Polonia.
Il 13 luglio del 1942 il battaglione 101 partecipò al primo eccidio nella piccola cittadina di Jozefow. Partiti molto presto alla mattina, vennero arringati dal maggiore Trapp che spiegò i dettagli del loro compito: rastrellare gli ebrei, selezionare i più forti ed eliminare tutti gli altri. Data la novità dell’azione, alla fine del discorso il maggiore diede ai membri del suo battaglione la possibilità di scegliere se partecipare o meno al massacro imminente; solamente dodici persone si rifiutarono di farlo. Esse vennero assegnate alla guardia dei camion. Il massacro fu terribile: dopo aver prelevato la gente dalle case ed aver in parte ucciso chi non si poteva muovere, tutti gli altri ebrei vennero condotti nel bosco costretti a sdraiarsi 40 alla volta. Abbinati ognuno ad un poliziotto vennero uccisi con un colpo alla nuca a bruciapelo. Le vittime furono 1500.
Alla fine della guerra questo battaglione di "persone comuni" fu responsabile della morte di più di 40.000 uomini, donne e bambini e avrà partecipato alla deportazione di oltre 45.000 persone nel centro di sterminio di Treblinka.






La banalità del male

Negli stessi anni del processo a Adolf Heichman, Stanley Milgram inizia i suoi esperimenti sull'obbedienza all'autorità cercando di comprendere i meccanismi psicologici che avevano mosso i comportamenti dei criminali nazisti. Attraverso i suoi esperimenti ha mostrato come una persona "normale" può arrivare a commettere azioni crudeli sulla spinta dell'influenza del contesto sociale. 
"L'obbedienza è uno degli elementi fondamentali della struttura della vita sociale": cosi Milgram inizia il suo testo Obbedienza all'autorità dove spiega i propri esperimenti. 
Questi ultimi sono stati realizzati nell'università di Yale su un campionario di più di mille soggetti che erano stati reclutati attraverso un articolo sul giornale per partecipare ad un esperimento sull'apprendimento. Fra i partecipanti vi erano anche collaboratori di Milgram mescolati hai soggetti sperimentali; tutto il gruppo era stato diviso tra "allievi" che erano i collaboratori di Milgram e gli "insegnanti" cioè i soggetti sperimentali. 
Gli allievi dovevano imparare a memoria una lista e se sbagliavano gli insegnanti dovevano punirli attraverso una scossa elettrica dai 15 ai 450 volt. 

I risultati dell'esperimento sono sorprendenti: oltre il 65% porta a termine l'esperimento. 
Secondo Milgram la gente normale può da un momento all'altro diventare complice di un progresso di distruzione, soprattutto perché molti non hanno le risorse per opporsi all'autorità.
Attraverso questo esperimento vengono individuati dei fattori che determinano la condotta dell'individuo:
  • Buona educazione 
  • L'impegno a mantenere la promessa di collaborare con lo sperimentatore 
  • La vergogna di tirarsi indietro 

Il soggetto mette inoltro in atto dei meccanismi di adattamento per contrastare il conflitto fra l'obbedienza e la ribellione, attraverso questi i soggetti tendono a delegare ad altri la responsabilità delle loro azioni, attribuendole all'autorità. 
Inoltre il fatto che all'esperimento vengono attribuite qualità impersonali, la distanza della vittima e la vicinanza all'autorità favoriscono il proseguimento dell'esperimento. 


L'influenza del contesto sul comportamento malvagio nella teoria di Zimbardo


Philip Zimbardo nel 1933 mette in atto un esperimento sulla prigione simulata. L'esperimento rivela dei comportamenti molto allarmanti. Questo consisteva nel reclutare 24 uomini privi di precedenti penali e dividerli fra guardie e detenuti, a cui vengono date casacche con un numero mentre alle guardie uniformi, manganelli, manette e fischietti, inoltre gli viene imposto di far rispettare le regole in modo rigido. 
Dopo solo due giorni i prigionieri si ribellano contro il comportamento troppo duro da parte delle guardie, in risposta vengono puniti, dapprima con flessioni, in seguito gli viene vietato l'uso dei bagni, gli viene ridotta la dieta e vengono umiliati.
Il quinto giorno l'esperimento viene sospeso. I soggetti erano talmente immersi nel loro ruolo che stavano assumendo in modo integrale le regole e i valori dell'istituzione.

Zimbardo ha voluto evidenziare il processo di deindividuazione per cui l'individuo si spogli della propria identità e si adatta alle norme situazionali. Attraverso la deumanizzazione dell'altro che porta a considerare un certo individuo come non appartenente alla sfera umana, quindi non titolari dei diritti dell'uomo, gli individui giustificano i propri comportamenti immorali. 
Lo stesso meccanismo venne adottato dal nazismo prima della soluzione finale.
Altri studiosi hanno osservato come nell'azione malvagia non avviene con la perdita dell'identità personale ma con l'acquisizione di una nuova identità sociale con lo scopo di conformarsi al gruppo. 



Shoah e totalitarismi 


Molti studiosi hanno provato a dare delle spiegazioni psicologiche mettendo in dubbio quelle "disposizionali", cioè dipendenti dalle caratteristiche individuali di chi commette l'atto, pur tenendo conto dei fattori storici, economici, politici e sociali. 

Zygmund Bauman, ad esempio, rivela una prospettiva nuova, quella situazionale. Riprendendo l'esperimento di Milgram dell'obbedienza ma sposta l'attenzione dall'attore sociale alla situazione
Seguendo questo ragionamento, la Shoah deve essere interpretata non dal punto di vista psicologico ma della struttura e dell'organizzazione della società. 
Un elemento preso in esame è l'esclusione morale; gli ebrei e tutte le altre categorie prese di mira in quel periodo vennero emarginate dal mondo sociale e successivamente imprigionati nei ghetti e nei campi di concentramento, all'interno dei quali non erano più soggetti psicosociali poiché venivano annientati dal punto di vista umano attraverso la degradazione e la deumanizzazione. 

Wihelm Reich cerca invece la motivazione che ha spinto le masse a piegarsi all'ideologia dominante. Ritiene, infatti che sia stato possibile attraverso la costruzione di una struttura caratteriale disposta all'obbedienza, all'autorità, alla sottomissione, alla rinuncia alla critica. 
Ciò accade a causa di un educazione sessuofobia che crea individui passivi, sottomessi e acritici. 

Erich Fromm vede invece, alla base del consenso al totalitarismo una formazione psicologica che egli chiama carattere autoritario caratterizzata da componenti sadomasochiste. 
Per ciò il soggetto tende ad ammirare l'autorità e a obbedire a essa ma vuole essere egli stesso all'autorità desiderando di sottomettere gli altri. 





 





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