La pedagogia positivista in Italia
Gli esiti dell’affermarsi della cultura positivistica
La cultura positivista arrivo molto più tardi in Italia
rispetto agli altri stati come Francia, Inghilterra e Germania.
Furono principalmente due fattori a rallentare il
positivismo nella penisola: da un lato la mancanza dello sviluppo
industriale, che in altri stati era stato, invece, un fattore scatenante;
dall’altro, il prevalere di un positivismo dogmatico incentrato su una
visione totalitaria e scientista (uso della scienza anche nello studio
dell’attività spirituale umana) della razionalità positiva con la
riduzione dell’uomo a puro e semplice fenomeno della natura, una concezione che
contrastava la tradizione religiosa vastamente condivisa dai ceti popolari.
Nonostante ciò anche in Italia la stagione politeistica
riuscì nell’intento di modernizzazione dello Stato unitario, di
allineamento culturale con gli altri stati europei, di aggiornamento della
cultura e di innovazione nei più diversi campi del sapere.
Grande attenzione venne data anche all’educazione con
il compito di costruire la società moderna. Essa era concepita come un campo
di applicazione ampia e razionale delle leggi messe a punto sul piano
biologico, psicologico, sociologico ed etico.
Il filosofo Norberto Bobbio nel suo scritto “profilo
ideologico del Novecento italiano denuncia il limite, spesso ideologico, del passivismo
italiano affermando che “ci fu più positivismo che positività”, nel senso che prevalse
lo sforzo di far trionfare l’idea che il proposito di avvalersi del metodo
scientifico in modo critico.
Furono due i fattori che contribuirono al passivismo
italiano: il primo fu l’insegnamento della mentalità critica basata
sulla convinzione della superiorità della scienza e del metodo scientifico
rispetto ad ogni altra forma di conoscenza ma anziché assumere la scienza come
garanzia di certezze assolute, essa vene interpretata come apprendimento
conoscitivo basato sull’osservazione conoscitiva.
Il secondo fattore fu la promozione tra i ceti popolari di
una mentalità non fatalista ma intraprendente e attiva.
La cultura scientifica era vista come un'occasione per
sfuggire alla retorica e allo scontro ideologico e doveva essere impiegata,
come affermava Gabelli, per capire le cose e per
formare le teste, ovvero persone in grado di esaminare senza pregiudizi ed
esprimendo un proprio criterio di giudizio e analisi.
Pasquale Villari suggeriva di guarire gli italiani
abituandoli a esaminare in modo razionale le situazioni, elaborare giudizi
sostenuti da rilievi oggettivi, formare persone disposte al cambiamento ad
investire sul futuro. Il suo interesse era principalmente mirato ai ceti poveri
in uno stato di stretta sopravvivenza. Secondo il suo parere per modernizzare l’Italia
occorreva interrogarsi sulle cause di tanta miseria e rispondere con proposte
concrete.
Nonostante il gran parlare di metodo scientifico, il primato
della scuola classica non fu messo in discussione, infatti la scienza rimase
sullo sfondo e fu recuperata solamente attraverso il primato assegnato alla
razionalità esercitata senza remore o pregiudizi.
Frutto di una nuova cultura positivista fu il movimento del
self-helpismo che apparve in Italia nel 1865 con lo scritto di Samuel Smiles “chi
si aiuta, Dio l’Italia lo scopo di mettere in evidenza come il cambiamento in
positivo delle condizioni di vita e le fortune personali sono nelle mani delle
persone positive. Nel 1869 lo scienziato Michele Lessona pubblica “Volere è
potere”, una raccolta di biografie di personaggi illustri e non accumunati dalla
capacità di vincere le sfortune.
Si trattava di una vera e propria pedagogia popolare.
L’educazione delle fanciulle e signorine
La modernità portò anche ad una maggiore alfabetizzazione
delle donne; anche se prima le scuole femminili già esistevano, soprattutto in
zone rurali, erano maggiormente incentrate sui lavori manuali e sulle
competenze pratiche.
Non bisogna però pensare che le donne ricevessero la stessa
istruzione degli uomini; l’istruzione delle fanciulle era limitata alle
conoscenze necessarie ed utili, una volta madre, per l’educazione dei figli.
L’emergere di una nuova sensibilità
Nell'ottocento l'infanzia era vista come un'età da
controllare e da disciplinare, poiché il bambino, se lasciato a sé stesso,
diventava un pericolo sociale. Non c'era una sola tipologia di infanzia: c'era l'infanzia
borghese e quella dei bambini abbandonati, delle periferie
urbane, quella dei bambini immersi nella natura. Questi erano gli antefatti per una nuova sensibilità puerocentrica che arrivò anche in Italia con il "giornale dei bambini" (1881-1883) e la storia di Pinocchio di Carlo Collodi.
Nel 1897 anche Giovanni Pascoli contribuì a questo processo con il suo saggio "fanciullino" che presenta l'infanzia come l'unica condizione di originaria purezza e trasparenza.
Domande
1.
Il positivismo in Italia diede il via a
discipline come l’antropologia e la criminologia con le opere di Cesare
Lombroso. I risultati delle scienze sperimentali furono utilizzati per
combattere pregiudizi e ignoranza, migliorare le condizioni di vita soprattutto
sul versante igienico per creare una convivenza disciplinata. Inoltre ebbe un
forte impatto sull’educazione.
2.
Alla pedagogia in quanto scienza dell’educazione
venne chiesto di affidarsi alle leggi della scienza sperimentale e non più ai
valori individuati dall’esperienza umana.
3.
Lo scopo della scuola secondo Gabelli era quello
di formare le teste, ovvero persone in grado di esaminare senza pregiudizi ed
esprimendo un proprio criterio di giudizio e analisi.
4.
Non fu messo in discussione il primato della
scuola classica in quanto neppure i principali protagonisti del mondo
scardinarono la centralità del liceo classico nella formazione del ceto
dirigente del nostro paese. Liceo classico serviva promuovere alti e nobili
ideali di fratellanza, ripudiare la mediocrità, partecipare ai destini della
patria.
5.
Gli obbiettivi del movimento self-helpista erano
quelli di mettere in evidenza il cambiamento positivo delle condizioni di vita
grazie a persone positive, volenterose e capaci di sfruttare le situazioni che
si presentavano loro
1.
Con l’avvento del positivismo molte più donne
ebbero acceso all’istruzione anche se moderata
2.
Le profonde differenze tra educazione maschile e
femminile sono dovute al fatto che si privilegiava maggiormente le attività pratiche
piuttosto che quelle cognitive, che comunque erano piuttosto limitate al ruolo
di madre.
3.
Giulia Molino Colombini e Caterina Franceschi
Ferrucci rivolsero i loro interessi verso l’educazione femminile ma rimanendo
su un’istruzione misurata
1.
È un’infanzia vista come un’età da tenere sotto
stretto controllo ed a disciplinare il bambino lasciato a sé stesso diventa un
individuo incapace di operare nella società.
2.
I fenomeni di disagio dell’infanzia contro cui
si schierò l’opinione pubblica furono la denuncia contro lo sfruttamento e il
lavoro dell’infanzia e la sua precoce adultizzazione e la battaglia contro le
malattie infantili.
3.
Le critiche mosse della pedagogia positivista
furono che appariva essere inadatto a spiegare anche il senso della vita e
scoprire il mistero delle origini.
4.
Gli scrittori in Italia che testimoniarono la
svolta verso la sensibilità può ero centrica furono Luigi Credaro e Maria
Montessori
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